Nell’ultimo decreto inviato all’Istituto del Verbo Incarnato (IVE) dal Dicastero per la Vita Consacrata, si cita un dato sconvolgente: dalla sua nascita, l’IVE ha perso quasi il 40% dei suoi sacerdoti. Tuttavia, dopo un’esaustiva raccolta di dati, emerge una realtà ancora più allarmante: la percentuale reale di abbandono ammonta al 50%, un dato che è andato aumentando negli ultimi anni.
Dei 265 sacerdoti ordinati dalla fondazione dell’istituto fino al 2003, solo 123 rimangono attualmente nell’IVE. Del resto, 139 hanno abbandonato la scuola superiore. Di questi, 73 hanno abbandonato completamente il ministero sacerdotale, mentre 65 continuano ad esercitare la loro vocazione al di fuori dell’IVE.
Un’analisi più approfondita
Tra i 123 sacerdoti rimasti all’interno dell’istituto, si osserva una situazione preoccupante. Alcuni affrontano trattamenti psichiatrici o problemi legati all’alcolismo. Altri sono ospitati in monasteri o case di auto-aiuto a causa di gravi problemi morali. Inoltre, ci sono casi di accuse di abusi e situazioni in cui l’istituto ha assunto il mantenimento di figli legittimi nati in clandestinità.
D’altra parte, c’è un piccolo gruppo di sacerdoti sinceramente dediti alla missione, che, nonostante la loro dedizione, affrontano grandi sfide. Questi missionari lavorano praticamente da soli, con un carico di stress continuo dovuto alle esigenze del loro lavoro. Molti di loro soffrono di malattie legate a queste condizioni o si rifugiano nella narrazione di “resistere al progressismo della Chiesa”, come viene loro insegnato, senza lamentarsi o condividere le loro difficoltà per paura di essere considerati “spiriti cattivi” o come oppositori del carisma dell’istituto.
Per il lettore interessato: statistiche dettagliate
Per i lettori interessati a corroborare questi dati, offriamo una ripartizione statistica per ogni anno di ordinazioni e lo stato attuale dei sacerdoti relativi all’IVE. Queste informazioni saranno pubblicate a breve al fine di fornire maggiore chiarezza su questo problema e di incoraggiare un’analisi critica della situazione.
Per non dilungarci in elenchi infiniti, evitiamo di dettagliare i casi specifici di quei membri che, pur mantenendo denunce giudiziarie o ecclesiastiche, rimangono ancora nell’Istituto del Verbo Incarnato (IVE). Tuttavia, questa realtà è innegabile e genera profonda preoccupazione.
Il caso della SSVM: un fenomeno silenzioso
Ancora più preoccupante è la situazione dei Servi del Signore e della Vergine di Matará (SSVM), che hanno sperimentato un tasso di abbandono ancora più elevato. A causa dell’assenza di un controllo ecclesiastico diretto nelle diocesi in cui operano, questi casi passano inosservati. Molti religiosi tornano a casa dopo 20 o 30 anni di vita consacrata, mentre le giovani vocazioni che vi entrano non riescono a perseverare nel tempo. Dopo 35 anni dalla sua fondazione, l’istituto ha poche suore maggiori, un fatto che riflette le difficoltà di stabilità vocazionale.
Un invito alla riflessione
La Chiesa ha dato prova di notevole pazienza di fronte a questa situazione, permettendo che le vocazioni, affidate da Dio all’istituto, fossero gravemente colpite. Mentre l’IVE lamenta la chiusura dei suoi noviziati, sembra ignorare l’impatto delle perdite umane e spirituali che si sono verificate nel corso della sua storia, così come lo stato in cui molte di queste persone hanno lasciato l’istituto.
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